Nel secondo anno della pandemia da COVID-19, l’odio online diminuisce ma si radicalizza. E colpisce soprattutto le donne che lavorano, le persone con disabilità e i musulmani.
Esce la sesta edizione della Mappa voluta da VOX – Osservatorio Italiano sui Diritti, che fotografa l’odio via social. I risultati? Le donne restano la categoria più colpita, insieme alle persone con disabilità. Il lessico si fa più trasversale venato da stereotipi frusti. In primo piano, emerge l’intolleranza contro la politica e contro i media.
Esce la sesta edizione della Mappa dell’Intolleranza, il progetto ideato da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, in collaborazione con l’Università Statale di Milano, l’Università di Bari Aldo Moro, Sapienza – Università di Roma e IT’STIME dell’Università Cattolica di Milano.
Al suo sesto anno di rilevazione, la mappatura consente l’estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili e mira a identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa – secondo 6 gruppi: donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani – cercando di rilevare il sentimento che anima le communities online, ritenute significative per la garanzia di anonimato che spesso offrono e per l’interattività che garantiscono.
Come per l’analisi dello scorso anno, anche nel 2021 la rilevazione, che ha riguardato il periodo gennaio-ottobre, ha attraversato il periodo della pandemia, con una prima fase che ha visto l’Italia ancora parzialmente in lockdown e l’uscita pian piano dalla fase più strettamente emergenziale: così anche quest’anno ansie, paure, difficoltà si sono affastellate nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti. Con una variabile importante, rappresentata dal “movimento No Vax” che, nella sua trasversalità e nella costruzione di un lessico a forte impronta antagonista, ha impattato nella costruzione di un linguaggio d’odio generalizzato e aspecifico. Un aumento dunque di discorsi d’odio che, se pure non imputabile ovviamente solo alla specifica No Vax, ha determinato due fattori decisivi: l’elezione della politica, come categoria generica, e soprattutto delle donne politiche, a bersagli privilegiati di invettive e intolleranza (la politica è infatti al centro, quasi fosse attore autonomo, di fitte dinamiche conflittuali) e l’aumento di odio pur in presenza di una diminuzione di tweet.
Andando ai dati, si vede come nel corso della rilevazione del 2020 (periodo marzo-settembre) erano stati raccolti un totale di 1.304.537 tweet, dei quali 565.526 negativi (il 43% circa vs. 57% positivi). Nella rilevazione 2021 invece (periodo metà gennaio-metà ottobre), sono stati raccolti 797.326 tweet, dei quali 550.277 negativi (il 69% circa vs. 31% positivi). Nonostante dunque il periodo di rilevazione sia stato più lungo, sono stati raccolti meno tweet, ma è cresciuta significativamente la percentuale di tweet negativi sul totale dei tweet rilevati. Questa relazione inversa da un punto di vista quantitativo, riporta un’informazione qualitativa di rilievo, considerando che a un minore numero di tweet raccolti corrisponde un maggiore numero di tweet negativi e con messaggi di odio e discriminazione, segno evidente di una radicalizzazione del fenomeno. A questa prima peculiarità ne segue una seconda, che identifica un allargamento dei target di odio online. Così, ben cinque categorie su sei sono interessate da tweet negativi e discriminatori: le persone con disabilità (16,43%) che hanno ricevuto più tweet negativi di tutte le altre; le persone omosessuali (7,09%); gli ebrei (7,60%); le donne (43,70%) e gli islamici (19,57%). L’anno scorso le categorie caratterizzate da un’incidenza maggiore di tweet negativi erano tre. Maggiore radicalizzazione, odio generalizzato contro le donne e soprattutto contro le donne più esposte (politiche e giornaliste), spostamento semantico nella costruzione del linguaggio d’odio: questi, i fattori chiave della rivelazione 2021.
I RISULTATI
Da metà gennaio a metà ottobre 2021, sono stati estratti 797.326 tweet dei quali 550.277 negativi (il 69% circa vs. 31% positivi), lo scorso anno la percentuale era inversa: su un totale di 1.304.537 tweet, 565.526 erano negativi (il 43% circa vs. 57% positivi).
I tweet sono stati geolocalizzati, dando come risultato le ormai note cartine termografiche dell’Italia. Quanto più “caldo”, cioè vicino al rosso, è il colore della mappa termografica rilevata, tanto più alto è il livello di intolleranza rispetto a una particolare dimensione in quella zona. Aree prive di intensità termografiche non indicano assenza di tweet discriminatori, ma luoghi che mostrano una percentuale più bassa di tweet negativi rispetto alla media nazionale. Perché Twitter? Sebbene tra i social network non sia quello maggiormente utilizzato, il fatto che Twitter permetta di re-twittare dà l’idea di una comunità virtuale continuamente in relazione e l’hashtag offre una buona sintesi del sentimento provato dall’utente.
Entrando più nel dettaglio, si evidenzia una redistribuzione dei tweet negativi totali. Nel 2020 infatti i cluster più colpiti sono stati donne (49,91%) ed ebrei (18,45%), seguiti da migranti (14,40%), islamici (12,01%), omosessuali (3,28%) e disabili (1,95%). Nel 2021 il primo posto è sempre occupato dalle donne (43,70%), seguite da islamici (19,57%), disabili (16,43%), ebrei (7,60%), omosessuali (7,09%) e migranti (5,61%).
Analizzando i dati dei singoli cluster, un altro dato significativo che emerge è che in 5 cluster su 6 la percentuale di tweet negativi è più alta rispetto alla percentuale di tweet positivi (persone con disabilità: 76,1% negativi; persone omosessuali: 74,2% negativi; ebrei: 72,6% negativi; donne: 70,7% negativi; islamici: 65,2% negativi) tranne nel cluster xenofobia (49,1% negativi). Nel 2020 invece, erano solo 3 i cluster nei quali la percentuale di tweet negativi era maggiore rispetto alla percentuale di tweet positivi. Nel dettaglio: persone con disabilità (64,2% tweet negativi), islamici (58,4% tweet negativi), donne (55,7% tweet negativi).
I PICCHI
In generale, i picchi più alti di odio si sono avuti:
• Nei confronti dei musulmani, in seguito all’arrivo dei talebani in Afghanistan e a ridosso del ventennale dell’attacco alle Torri Gemelle
• Contro gli ebrei, il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, così come in corrispondenza delle manifestazioni antisemite internazionali e delle esternazioni della senatrice Segre contro i No Vax, che hanno accostato il green pass alle persecuzioni razziali
• Contro le donne, a febbraio, a seguito degli insulti pronunciati in diretta radio dal professore universitario Giovanni Gozzini ai danni di Giorgia Meloni, ma anche a settembre, in piena emergenza femminicidi (7 in 10 giorni)
• Nei confronti delle persone omosessuali, quando il rapper Fedez ha interrotto la sua esibizione al Concerto del Primo Maggio per leggere un intervento in difesa del Ddl Zan
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI TWEET DI ODIO
Le maggiori concentrazioni di discorsi d’odio e discriminatori si sono registrate:
Antisemitismo: Nord Italia e una concentrazione forte nel Lazio.
Islamofobia: Nord Italia in modo diffuso.
Misoginia: Diffusione a livello nazionale, con una concentrazione forte nel Nord Est.
Omofobia: Diffusione a livello nazionale, con concentrazioni al Nord e al Sud.
Xenofobia: Nord Italia in modo molto diffuso. Campania, Puglia e Sicilia.
Disabilità: Diffusione a livello nazionale, con concentrazioni al Centro e al Nord.
COME È STATA COSTRUITA LA MAPPA
La prima fase del lavoro ha riguardato l’identificazione dei diritti, il mancato rispetto dei quali incide sul tessuto connettivo sociale: questa fase è stata seguita dal dipartimento di Diritto Pubblico italiano e sovranazionale dell’Università degli Studi di Milano; la seconda fase si è concentrata sull’elaborazione di una serie di parole “sensibili”, correlate con l’emozione che si vuole analizzare e la loro contestualizzazione: questo lavoro è stato svolto dai ricercatori del dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica della Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma, specializzati nello studio dell’identità di genere e nell’indagare i sentimenti collettivi che si esprimono in rete.
Nella terza fase si è svolta la mappatura vera e propria dei tweet, grazie a un software progettato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Bari, una piattaforma di Social Network Analytics & Sentiment Analysis, che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per comprendere la semantica del testo e individuare ed estrarre i contenuti richiesti.
I dati raccolti sono stati poi analizzati ed elaborati da un punto di vista sociologico, dai ricercatori del team di ItsTime, Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies, centro di ricerca che fa capo al Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano. Ulteriore fattore di analisi è stato poi il livello di aggressività. Il software è stato “istruito” per estrarre i tweet più aggressivi, evidenziandone il livello di virulenza: la valutazione è stata orientata dalle categorie utilizzate dalla scala MOAS (Modified Overt Aggression Scale).
Il progetto Mappa dell’Intolleranza, è stato messo a punto con il contributo di 4 università (Dipartimento di Diritto pubblico, italiano e sovranazionale – Università’ degli Studi di Milano, Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica – Università Sapienza di Roma, Dipartimento di Informatica – Università Aldo Moro di Bari, Centro Itstime – Università Cattolica di Milano). E da anni entra nelle scuole con progetti specifici contro lo hate speech e il cyberbullismo.
La Mappa dell’Intolleranza è soprattutto un progetto di prevenzione, pensato per amministrazioni locali, scuole, associazioni che lavorano sul territorio. Per chiunque abbia bisogno di strumenti adeguati e mezzi di interpretazione di realtà sempre meno codificabili, per combattere l’odio e l’intolleranza. Per chiunque pensi che tutti noi abbiamo bisogno di nutrire la cultura del dialogo.