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Giustizia e Diritti / Redazione /

Pena di morte, una Giornata per dire basta!

Oggi, 10 ottobre, si celebra la XII Giornata mondiale contro la pena di morte. Nel mondo, sono 58 i paesi che ancora mantengono in vigore la pena capitale (qui la mappa che illustra il fenomeno). Lo scorso anno, è stata applicata in 22 paesi tra cui Afghanistan, Palestina, Cina, Corea del Nord, India che hanno eseguito regolarmente condanne a morte. Quest’anno, la Giornata denuncia gli stati che continuano a mettere a morte persone con disabilità mentale e intellettiva e invita gli stati ad abolire definitivamente questa pena aberrante. “Chiediamo ai governi di tutti i paesi che ancora usano la pena di morte di istituire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni come primo passo verso l’abolizione”. 

Per Vox, il commento di Amnesty International, l’organizzazione internazionale che da oltre 50 anni si batte in difesa dei diritti umani.

In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, Amnesty International ha denunciato che gli stati continuano a mettere a morte persone con disabilità mentale e intellettiva, in evidente violazione degli standard internazionali.

L’organizzazione per i diritti umani ha documentato casi di persone con tali forme di disabilità condannate o già messe a morte in paesi quali Giappone, Pakistan e Stati Uniti. Se questi paesi non riformeranno i loro sistemi di giustizia penale, molte altre persone rischieranno l’esecuzione.

“Gli standard internazionali sulla disabilità mentale e intellettiva sono importanti salvaguardie a tutela di persone vulnerabili: non hanno lo scopo di giustificare crimini orrendi ma stabiliscono dei criteri in base ai quali la pena di morte può essere o meno inflitta” – ha dichiarato Audrey Gaughran, direttrice del programma Temi globali di Amnesty International.

“Siamo contrari alla pena di morte in ogni circostanza, in quanto è l’estrema punizione crudele, disumana e degradante. Ma nei paesi che ancora ne fanno uso gli standard internazionali, compresi quelli che la vietano nei confronti di determinate categorie di persone vulnerabili, devono essere rispettati, in vista dell’abolizione definitiva” – ha aggiunto Gaughran.

In occasione della XII Giornata mondiale contro la pena di morte, Amnesty International e la Coalizione mondiale contro la pena di morte vogliono mettere in evidenza  l’uso della pena capitale nei confronti delle persone con disabilità mentale e intellettiva.

“Gli standard internazionali stabiliscono senza ombra di dubbio che le persone che soffrono di disabilità mentale e intellettiva non devono subire questa sanzione estrema. Tuttavia, in molti casi, tale condizione non viene accertata durante il procedimento penale” – ha sottolineato Gaughran.

“I paesi che ancora ricorrono alla pena capitale devono assicurare che vi siano risorse per svolgere valutazioni indipendenti e rigorose su chiunque rischi la pena di morte, dal momento in cui viene incriminato fino alla fase successiva alla sentenza” – ha continuato Gaughran.

“Chiediamo ai governi di tutti i paesi che ancora usano la pena di morte di istituire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni come primo passo verso l’abolizione. Quello che mettiamo in luce oggi è un altro esempio dell’ingiustizia della pena di morte” – ha concluso Gaughran.

I casi che seguono illustrano il modo in cui la pena di morte è usata nei confronti di persone con disabilità mentale e intellettiva:

-negli Usa, Askari Abdullah Muhammad è stato messo a morte il 7 gennaio 2014 in Florida per un omicidio commesso in carcere nel 1980. Aveva una lunga storia di malattia mentale e gli era stata diagnosticata una schizofrenia paranoide. Il 9 aprile, il cittadino messicano Ramiro Hernandez Llanas è stato messo a morte in Texas nonostante sei successivi test sul quoziente intellettivo avessero dimostrato la sua disabilità intellettiva e dunque l’incostituzionalità della sua condanna a morte. In Florida, Frank Walls e Michael Zack, due condannati a morte con gravi traumi mentali, hanno esaurito tutti gli appelli contro l’esecuzione;

 

-in Giappone, molti prigionieri sofferenti per malattie mentali sono stati già impiccati, altri rimangono nel braccio della morte. Hakamada Iwao, 78 anni, condannato a morte per omicidio nel 1968 al termine di un processo iniquo, è la persona che ha trascorso il più lungo periodo di tempo nel braccio della morte, 45 anni. Durante decenni di isolamento completo, ha sviluppato numerosi e gravi problemi di salute mentale. È stato rilasciato provvisoriamente nel marzo 2014 in vista di un possibile nuovo processo. Matsumoto Kanji è nel braccio della morte dal 1993 e, sebbene i suoi avvocati stiano chiedendo un nuovo processo, potrebbe essere impiccato in ogni momento: ha sviluppato disabilità mentale a seguito di avvelenamento da mercurio e appare paranoico e incoerente a seguito della malattia mentale sviluppata durante la detenzione;

 

-in Pakistan, Mohammad Ashgar, diagnosticato schizofrenico paranoide nel 2010 nel Regno Unito e da qui rinviato in Pakistan, è stato condannato a morte nel 2014 per blasfemia.

Scritto da: Redazione

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