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Parità / Redazione /

“La violenza domestica? Io l’ho sconfitta così”

VOX intervista Patricia Scotland, fondatrice della Global Foundation for the Elimination of Domestic Violence  

Afro-caraibica, Patricia Scotland è stata la prima donna nera, e la più giovane, nominata Queen’s Counscel e giudice dell’Alta Corta, prima donna nera a rivestire la carica di Guardasigilli, a entrare alla Camera dei Lord e nel Consiglio dei Ministri durante il Governo Blair.

A lei si deve la legge “Crime and Victims Air” che ha consentito al governo britannico di conseguire uno dei più grandi successi nella lotta contro la violenza domestica, una piaga che nel solo Regno Unito colpisce 1 donna su 4 e 1 uomo su 6. Grazie al suo “metodo”, infatti, a Londra gli omicidi legati alla violenza domestica sono diminuiti da 49 (nel 2003) a 5 (nel 2010).

Un successo, confermato anche in altri Paesi che hanno voluto adottare il “metodo Scotland”, tra cui Nuova Zelanda e Spagna. A Madrid, per esempio, nel giro di pochi anni, si è registrato un calo del 25% dei casi di violenza domestica.
In una situazione, come quella italiana, che registra un aumento esponenziale dei casi di violenza contro le donne, e in un desolante vuoto legislativo, Vox ha voluto intervistare Patricia Scotland.

 

• Il suo piano anti violenza nel Regno Unito ha portato a risultati straordinari: in cosa consiste esattamente?

Siamo partiti dalla rottura di un tabù: la violenza domestica purtroppo, riguarda tutti. È la più grande causa di morte, prima della malaria. Non fa distinzione di razza, colore, ceto, orientamento sessuale e religione. Si tratta di un fenomeno con costi morali, umani ed economici spaventosi, come accertato dalla Global Foundation for the Elimination of Domestic Violence, da poco sbarcata in Italia.

• Da dove siete partiti?

Il primo elemento da sconfiggere è l’omertà delle vittime: oggi si è calcolato che una donna prima di denunciare una violenza la subisce 37 volte. Una vittima su 4, nel Regno Unito, è destinata a perdere la vita per mano del suo aggressore. I dati sono spaventosi. L’anello debole è sempre uno solo: la mancanza di cooperazione. Il nostro intervento si basa su un gruppo di intervento che valuti il grado di rischio per la vittima e un tutor che la segua, per almeno tre mesi, dopo la denuncia.

• Quali servizi vengono garantiti alla donna maltrattata?

La vittima ha a disposizione un alloggio pubblico così da poter lasciare l’abitazione insieme ai figli e può contare sul supporto della propria azienda, senza rischiare di perdere il lavoro. I risultati arrivano dai servizi: abbiamo messo in connessione polizia e giustizia, protezione legale e sociosanitaria. Le donne perdono meno giorni di lavoro e la loro salute è migliore.

• E in Italia, dove la famiglia è tanto forte e la politica così indecisa, cosa possiamo fare?

Non siete diversi dalla Spagna o dal Regno Unito. Ho incontrato Laura Boldrini, presidente della Camera, e ho visto in lei una campionessa dei diritti. Avete ratificato la convenzione di Istanbul, un ottimo passo avanti. Bisogna parlare con ogni singolo politico, operatore sanitario e poliziotto per spiegare il problema.

Scritto da: Redazione

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