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Vox / Redazione /

Le cose sono cambiate e continueranno a cambiare

Il 17 maggio si celebra la Giornata Mondiale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia. E’ una data non casuale: coincide con il giorno in cui, nel 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) depennò l’omosessualità dall’elenco dei disturbi, riconoscendola come una variante della sessualità. Ed è una data che rappresenta solo una delle tante tappe del cammino per il riconoscimento dei diritti delle persone LGBT nel mondo, un percorso iniziato negli anni Cinquanta, con gli studi del sessuologo statunitense Alfred Kinsey, e che prosegue ancora oggi. Nella convinzione che le cose possono cambiare e continueranno a cambiare.

di Vittorio Lingiardi e Nicola Nardelli

 

A partire dal 2004, il 17 maggio di ogni anno si celebra la giornata contro l’omofobia. Dal 2009, il 17 maggio è diventata anche la giornata contro la transfobia e, dal 2015, anche contro la bifobia (questo termine, poco conosciuto, si riferisce ai pregiudizi verso le persone bisessuali). Perché proprio il 17 maggio? Perché fu un 17 maggio, nel lontano 1990, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) approvò la nuova edizione della Classificazione statistica internazionale delle malattie (ICD) in cui l’omosessualità veniva rimossa dall’elenco dei disturbi perché riconosciuta normale variante della sessualità, al pari dell’eterosessualità.

Un passo importante che negli USA era stato compiuto già parecchi anni prima dall’American Psychiatric Association (APA). Risale infatti al 1973 la decisione dell’APA di non considerare più l’omosessualità come un disturbo mentale. Col passare del tempo e l’aumentare degli studi scientifici, l’approccio all’omosessualità si è, per così dire, rovesciato: non solo l’omosessualità in quanto tale non è più considerata patologica, ma sono state riconosciute le implicazioni patologiche dell’omofobia, tanto che l’APA e molte altre organizzazioni internazionali di psichiatri, psicologi, pediatri, educatori, assistenti sociali, ecc. hanno espresso posizioni ufficiali e avviato programmi per combattere le discriminazioni e i pregiudizi omofobici nelle loro varie declinazioni (bullismo omofobico, omofobia sul lavoro, omofobia istituzionale, disparità nell’istituzione matrimoniale e familiare, ecc.).

È stato un cammino lungo e faticoso, e ancora non è concluso. È iniziato negli anni Cinquanta con gli studi di Alfred Kinsey che evidenziarono una diffusione dei comportamenti omosessuali nella popolazione americana ben superiore alle aspettative. Un’altra pietra miliare è stata la ricerca della psicologa Evelyn Hooker che, attraverso il metodo sperimentale, dimostrò la mancanza di elementi psicopatologici specifici dell’omosessualità. Sono poi arrivate decine e centinaia di ricerche in campo sociologico, psicologico e psicoanalitico, ma anche etologico (comportamenti omosessuali tra animali non umani), biologico e genetico. Alcuni neuroscienziati, infatti, hanno cercato di documentare l’esistenza di basi genetiche in grado di predisporre all’orientamento omosessuale (si veda per esempio il volume di Simon LeVay “Gay si nasce? Le radici dell’orientamento sessuale”, Raffaello Cortina 2015).

In campo medico, l’ultimo cambiamento importante è avvenuto con la pubblicazione della nuova edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) dell’APA e riguarda le persone transessuali. Infatti, il DSM-5 non le definisce più affette da un “disturbo dell’identità di genere”, ma portatrici di una “disforia di genere”, cioè di una condizione di sofferenza soggettiva legata al vissuto di radicale incongruenza tra il genere assegnato alla nascita (in base alle caratteristiche anatomiche) e il sentimento della propria identità di genere. Una condizione che è spesso affrontabile e risolvibile attraverso opportune procedure di “riassegnazione” (interventi chirurgici e/o cure ormonali).

Il percorso verso la conoscenza scientifica e la fine delle discriminazioni basate sul pregiudizio nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender non è concluso. Un motivo in più per ricordare la giornata del 17 maggio.

Scritto da: Redazione

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